di Jonas E. Alexis 1
postato: 1º giugno 2016
Ci sono due versioni del Talmud: il Talmud Babilonese e il Talmud di Gerusalemme. Dei due, il primo è considerato dagli ebrei osservanti il più autorevole 2. Il Talmud è un grosso tomo. Come ha scritto un commentatore, si tratta di un libro quasi senza fine che contiene un altro libro. Esso non si propone solamente di spiegare la Toràh scritta (il Pentateuco di Mosè), ma anche tutto ciò che riguarda la vita quotidiana degli ebrei 3. Tali interpretazioni e chiarimenti sono stati voluti per far sì che le Sacre Scritture possano adattarsi all'interno di quella struttura esterna di ciò che i rabbini considerano essere una vita ebraica corretta, il che è un rovesciamento della pratica biblica dell'esegesi.
Da sinistra: il Talmud di Babilonia e quello di Gerusalemme.
Heinrich Graetz (1817-1891), indiscutibilmente uno dei maggiori esponenti della storiografia ebraica, ha affermato: «(Nel Talmud) ogni atto giusto e morale, così come ogni misfatto, possiede la sua importanza religiosa» 4. A causa di tutto ciò, scaturisce dal Talmud un modo di ragionare che incoraggia gli studiosi ad interrogare e a stimolare le loro abilità retoriche sfidando gli aspetti-chiave di ogni pensiero religioso. Nella pratica, esso rende ogni ragionamento assai complicato, come ha mostrato lo storico ebreo russo Léon Poliakov (1910-1997) in questa storiella allegorica:
«Un goy (un non-ebreo; N.d.T.) insisteva affinché un talmudista gli spiegasse cos'è il Talmud. Il saggio finalmente acconsentì e pose il seguente quesito al goy: "Due uomini fecero insieme un tratto di cammino. Quando giunsero alla fine, uno di essi aveva il volto ricoperto di fuliggine, mentre l'altro era immacolato. Quali dei due si lavò"? "Quello che era sporco", rispose il goy. "No, perché quello che era sporco vide l'altro non pulirsi e quindi credette che anche lui fosse pulito. Quello che era pulito vide la faccia sporca dell'altro e credette di essere sporco pure lui". "Ho capito", esclamò il goi. "Comincio a capire cos'è il Talmud". "No, tu non hai capito nulla", interruppe il rabbino, perché com'è possibile che di due uomini che hanno percorso lo stesso camino, uno fosse sporco e l'altro pulito"»? 5.
Heinrich Graetz Léon Poliakov
Se questo dialogo riuscisse ad illustrare l'ambito del ragionamento talmudico, sarebbe possibile districarsi in questo labirinto, anche perché molti filosofi attraverso le epoche hanno assunto una metodologia simile a quella «della domanda e della risposta». Tuttavia, come vedremo, il Talmud è molto più controverso, in quanto entra in conflitto con ogni cultura che ha adottato un ordine morale, politico ed economico.
Non solo questa retorica dubitativa è centrale nel Talmud, ma si spinge ben oltre giungendo ad asserire dichiarazioni totalmente blasfeme sui gentili in generale e sui cristiani in particolare 6. Ma in modo ancor più rilevante, la Storia dimostra che ogni qualvolta gli insegnamenti del Talmud sono stati costantemente praticati, le conseguenze si sono dimostrate dannose sia per gli ebrei che per le nazioni gentili in cui essi vivevano. Ecco dove sta realmente il problema, e non in una questione di DNA buono o cattivo, come abbiamo già indicato varie volte.
Nel XIII secolo, quando gli ebrei furono profondamente coinvolti negli insegnamenti della Kabbalah, il Talmud venne completato da un altro testo ebraico: lo Zohar («Splendore»). Anche se lo studioso ebreo Graetz definisce lo Zohar un «libro di bugie e di falsità» 7 a causa delle sue dannose implicazioni e per il fatto che molti ebrei seguono ciecamente i suoi insegnamenti 8, questo libro «era considerato dagli ebrei come una rivelazione celeste» 9, e ritenuto «la Bibbia dei cabalisti» 10. Al fine di poter consultare correttamente la Toràh, lo Zohar afferma per definizione di essere superiore al Pentateuco di Mosé, e persino a Mosé stesso.
«Shimon bar Yohai (l'autore dello Zohar; N.d.T.) esclama: "Ora io posso vedere ciò che nessun altro mortale ha mai visto da quando Mosé è salito sul Sinai per la seconda volta, sì, anche più di lui. Mosé non sapeva che il suo volto risplendeva; io invece so che il mio volto risplende"» 11.
Infatti, ci dice Graetz 12, rabbi Shimon bar Yohai (vissuto tra il I e il II secolo d.C.) «viene quasi deificato nello Zohar».
«Il principio che sta alla base dello Zohar è che i resoconti storici e le leggi religiose della Bibbia non furono concepiti per essere compresi in un solo piano - il semplice senso delle parole - poiché essi contengono qualcosa di più elevato, misterioso e soprannaturale. "É forse concepibile - esclama nello Zohar un seguace della cerchia di Shimon bar Yohai - che Dio non avesse questioni più sante da comunicarci che queste cose banali su Esaù e su Agar, su Labano e Giacobbe, sull'asino di Balaam, sulla gelosia di Balak per Israele e sulla dissolutezza di Zimri? Può una raccolta di simili storie, prese nel loro senso ordinario, meritare il nome di Toràh? Si può dire che una simile rivelazione può esprimere la pura verità»? 13.
Sopra: rabbi rabbi Shimon bar Yohai e lo Zohar.
L'autore dello Zohar continua dicendo:
«Ai nostri tempi, noi possiamo scrivere un buon libro come la Toràh, certo, forse possiamo fare anche di meglio. No, no! Il senso mistico e più elevato della Toràh è il suo vero senso. I resoconti biblici assomigliano ad un bel vestito che incanta gli sciocchi in modo che essi non vedano ciò che c'è sotto [...]. Guai al colpevole che asserisce che la Toràh contiene solamente semplici storie, e che quindi prende in considerazione solo il vestito» 14.
Dopo aver indagato sugli aspetti-chiave della Toràh scritta, l'autore dello Zohar pronuncia questa maledizione contro i suoi nemici:
«Lo Zohar identifica tutti i blasfemi e gli empi con il principio malvagio dello "shells" (Kelifoth), il primo Serpente, Caino, Esaù, il Faraone, l'impero di Esaù (Roma) e il potere civile e spirituale della cristianità medievale, che sono rimasti nella violenza e nell'ingiustizia» 15.
I problemi sollevati da queste affermazioni vengono raramente discussi dalla maggior parte dei cristiani evangelici e dagli anti-sionisti a causa dell'indiscusso presupposto secondo cui il giudaismo rabbinico sarebbe essenzialmente la stessa religione dell'Antico Testamento. Ciò nonostante, anche lo studio più superficiale dell'ebraismo prova non solo che l'Antico Testamento e il giudaismo rabbinico sono profondamente diversi, ma che quel «giudaismo e il cristianesimo divergono» su tutti i punti essenziali, come ammette anche la New Jewish Encyclopedia («Nuova Enciclopedia Ebraica») 16.
Lo studioso ebreo Jacob Neusner aggiunge che il Talmud «ha forgiato la forma definitiva dell'ebraismo dai tempi della sua estensione conclusiva fino ai nostri giorni» 17. In un altro libro, egli parla ancor più chiaramente: «Il giudaismo è il giudaismo rabbinico, e il Talmud di Babilonia è l'asserzione più autorevole della Toràh che il giudaismo incarna» 18. Neusner aggiunge che «partendo dalle fonti sia talmudiche che cristiane, è chiaro che l'ebraismo e il cristianesimo sono totalmente in conflitto» 19. Nel tentativo di far quadrare le cose, Neusner scrive in maniera inescusabile nella sua opera fondamentale del 2001 Jews and Christians: The Myth of a Common Tradition («Ebrei e cristiani: il mito di una tradizione comune»):
«Se uno è giusto, l'altro dev'essere necessariamente sbagliato. Al giorno d'oggi, teologi ebrei, rabbini e studiosi pubblicano asserzioni il cui scopo è oscurare le diversità fondamentali tra l'ebraismo e il cristianesimo [...]. Il giudaismo e il cristianesimo non sono d'accordo su nulla» 20.
Sopra, da sinistra: la New Jewish Encyclopedia, l'opera
Jews and Christians: The Myth of a Common Tradition e il suo autore Jacob Neusner.
Dunque, quali sono le origini del Talmud Babilonese e del Talmud di Gerusalemme?
Il Talmud ha una storia lunga e complicata, anche per lo scopo di questo articolo; un sbirciata sommaria sarà più che sufficiente. Quando gli ebrei furono condotti in prigionia a Babilonia, sotto Nabucodonosor ((634–562 a.C.), molti scribi ebrei dovettero affrontare la sfida di interpretare le leggi di Mosé per i loro scopi. Lo storico ebreo Solomon Grayzel (1896-1980) nella sua opera A History of the Jews ha scritto che il «gli scribi plasmarono il destino degli ebrei» 21. Dopo il ritorno degli ebrei da Babilonia, e dopo la morte dei profeti maggiori e minori,
«l'intera trasformazione nella vita degli ebrei fu da quel momento il risultato dell'insegnamento e dell'interpretazione operata dagli scribi. Essi crearono la letteratura, formularono le leggi e dedussero dai libri sacri l'idea che dovevano guidare il loro popolo e, nel contempo, ispirare gli altri» 22.
Solomon Grayzel A History of the Jews
Questi scribi «diedero un nuovo significato allo Shabbat» e, come più tardi i rabbini, «differivano molto fra loro. La loro discussione venne accorpata a diverse interpretazioni tradizionali della Bibbia che, sotto il nome di legge orale, guidò gli ebrei nelle epoche successive» 23. Alcune generazioni dopo che Alessandro Magno (356-323 a.C.) aveva conquistato l'Asia Minore e dopo l'ellenizzazione dei popoli vinti, gli scribi si divisero in due fazioni: i farisei e i sadducei. Un tempo puramente politiche, queste due correnti divennero gradualmente religiose 24.
Inoltre, fin dall'inizio, entrambe le parti furono coinvolte in un sollevamento politico e in un'operazione dissimulata, e spesso non si trovarono d'accordo tra loro. I sadducei facevano rispettare la Toràh scritta come l'unica verità da rispettare alla lettera; i farisei credevano sia nella Toràh scritta che nella tradizione orale. Grayzel ci dice che anche se i farisei,
«potevano trovare un piccolo appoggio per le leggi che proponevano nella Toràh scritta, sostenevano che c'era anche una Toràh orale, o insegnamento, un insieme di tradizioni che erano state tramandate loro dagli scribi dei primi tempi, che a loro volta avevano ricevuto questa tradizione dai loro predecessori, risalendo indietro fino a Mosé» 25.
Scribi, farisei e sadducei ai tempi di Cristo.
Dopo la distruzione del Tempio nell'anno 70 d.C., i sadducei scomparvero completamente, lasciando la regolamentazione di tutte le questioni ebraiche nelle mani dei farisei. A partire da quel momento, la vita ebraica fu regolata dai farisei; tutta la storia dell'ebraismo fu ricostruita dal punto di vista farisaico, e un nuovo aspetto venne dato al Sinedrio del passato...
«Il fariseismo plasmò il carattere del giudaismo, la vita e il pensiero dell'ebreo per tutto il futuro [...]. La religione ebraica, così com'è oggi, reca ancora le tracce della sua derivazione ininterrotta attraverso i secoli dal fariseismo» 26.
Nel giudaismo forgiato dai farisei, la Toràh era valida unicamente quando era d'accordo con il loro punto di vista; quando non lo era, essi la reinterpretavano affinché andasse a rafforzare la loro struttura ideologica. I farisei,
«tentarono ogni qualvolta era possibile non di abolirla, ma di introdurre invenzioni legali per mezzo delle quali l'autorità della legge veniva confermata, ma allo stesso tempo resa nulla e vuota per ogni proposito pratico» 27.
Distruzione del Tempio di Salomone nell'anno
70 d.C. ad opera della X Legio romana.
Gli ebrei ellenizzati simpatizzavano più o meno per i sadducei, mentre gli ebrei ortodossi parteggiavano per i farisei. Poiché entrambe le parti furono pesantemente coinvolte nella politica, la loro dottrina a volte condusse a guerre politiche che costarono la vita a molte migliaia di ebrei 28.
Tuttavia, nel giro di alcune generazioni, le due parti persero il loro potere politico 29. Durante la fase finale della distruzione del Tempio nell'anno 70 d.C., la tradizione orale sarebbe andata perduta se non fosse stato per rabbi Jochanan ben Zakkai, che scappò da Gerusalemme durante le sue ultime ore racchiuso all'interno di una bara avendo detto i suoi studenti che il loro maestro «era morto e aveva chiesto il permesso di portare il suo corpo per la sepoltura fuori da Gerusalemme» 30.
Alcuni sono dell'opinione che egli abbia finto di essere «morto per evitare di essere ucciso dagli zeloti» 31. Qualunque sia la motivazione, Zakkai venne portato vivo fuori dalla zona di guerra. Quando si calmarono le acque, egli chiese il permesso a Vespasiano di aprire una scuola; il procuratore accettò, senza tuttavia sapere che la scuola di Zakkai,
«avrebbe salvato il popolo ebraico, lo avrebbe tenuto in vita per parecchie centinaia di anni, e provato, più di ogni altro evento nella Storia, che lo spirito è più potente della spada» 32.
Sopra: rabbi Jochanan ben Zakkai.
Zakkai raggruppò intorno a sé un buon numero di individui che erano desiderosi di portare il giudaismo rabbinico ad un nuovo culmine. La sua scuola, basata primariamente sull'insegnamento della tradizione orale, sfornò un certo numero di rabbini eruditi che compilarono e codificarono la tradizione orale in un testo - il Talmud - «che divenne la legge e la religione di tutto il popolo d'Israele» 33. Questo libro particolare «era per gli ebrei quello che il diritto romano era per gli avvocati, i canoni dei Concilî, le delibere dei Papi, e tutta la teologia autorizzata dalla Chiesa per il clero della cristianità» 34. A quel tempo, gli insegnamenti del Talmud erano ignoti ai cristiani, e perciò anche diverse sètte gnostiche trattarono il giudaismo rabbinico e il cristianesimo come se fossero compatibili 35.
Così, fin dal suo inizio, l'ebraismo rabbinico non si basò sulle parole della Toràh scritta, ma sulle interpretazioni degli scribi che col tempo andarono a confluire nel Talmud. Fin dai tempi del Nuovo Testamento, i farisei e i sadducei erano divenuti le autorità legali per interpretare l'Antico Testamento secondo le loro tradizioni e le loro ermeneutiche. Come Graetz ammette,
«come interpreti della legge, i farisei formavano il corpo docente della nazione. Le loro opinioni divennero i punti di riferimento; le loro azioni erano governate dalla necessità principale di preservare l'ebraismo. L'individuo e lo Stato sarebbero stati dominati dalle leggi e dai costumi dei loro padri. Ogni deviazione da questo principio appariva agli occhi dei farisei come un tradimento contro tutto ciò che era prezioso e santo [...]. I farisei dovevano principalmente la loro influenza alla loro conoscenza della Legge e alla sua applicazione pratica nelle vicende della vita quotidiana, ed erano ritenuti gli unici interpreti e insegnanti della Legge» 36.
Dopo la rivolta del falso messia Simon Bar Kochba nel 135 d.C. (l'ultima rivolta ebraica contro Roma), rabbi Akiba ben Joseph, che alimentò le fiamme della rivoluzione, scrisse che «come un pesce non può vivere fuori dall'acqua, così il popolo ebraico non può vivere fuori dalla Toràh» 37, intendendo con ciò la tradizione orale che più tardi culminò nel Talmud. Se da una parte i farisei davano credito alla Toràh scritta (i cinque libri di Mosé), dall'altra credevano che la tradizione orale - che essi ritenevano più attendibile - fosse vitale per interpretare e spiegare l'esegesi della Toràh 38.
Questa è la fonte principale della confusione che regna tra cristianesimo ed ebraismo rabbinico: quando un cristiano sente dire che gli ebrei seguono la Toràh, presume che essi condividano con lui l'origine divina dei primi cinque libri dell'Antico Testamento, pensando quindi che si tratti della religione mosaica. Non è affatto vero, giacché gli ebrei credono che la Toràh sia inutile senza il Talmud.
Sopra: rabbi Akiba ben Joseph.
Il giudaismo rabbinico - nutrito fin dalla radice dagli insegnamenti farisaici - ha plasmato tutto il corso della storia degli ebrei. La Universal Jewish Encyclopedia annota:
«La religione ebraica, così com'è, reca in sé la traccia della sua origine farisaica, senza interruzione, attraverso tutti i secoli. Le idee principali e i metodi farisaici trovarono la loro espressione in una letteratura vastissima della quale una quantità assai grande esiste tutt'oggi. Il Talmud è il più grande e il più importante codice di quella letteratura, e attorno ad esso si trovano raccolti un gran numero di Midrashim, parzialmente legali (halachici) e in parte destinati all'edificazione (haggadici). Attraverso di esso sono nate le correnti di pensiero che fu furono precedentemente tracciate dai farisei, e lo studio di questo libro è essenziale per ogni vera comprensione del fariseismo» 39.
Capire questi testi è importantissimo per poter comprendere le ideologie ebraiche, un fatto che nessuno studioso ebreo serio negherebbe mai. Louis Finkelstein (1895-1991), uno dei massimi studiosi del Talmud e un esperto di legge ebraica, ha dichiarato:
«Il fariseismo divenne talmudismo, il talmudismo divenne rabbinismo medievale, e il rabbinismo medievale divenne il rabbinismo moderno. Ma in tutti questi cambiamenti di nome, nonostante l'inevitabile adattamento di costume e la rettifica della Legge, l'antico spirito del fariseo sopravvive inalterato. Quando l'ebreo legge le sue preghiere, sta recitando a memoria formule preparate da rabbini pre-Maccabei» 40.
Sopra: la Universal Jewish Encyclopedia e rabbi Louis Finkelstein.
Questo punto centrale è stato messo in rilievo da rabbi Adin Steinsaltz, che in Israele è stato insignito con la massima decorazione civile, l'Israel Prize. Steinsaltz ha scritto nel suo libro The Essential Talmud («Il Talmud essenziale»):
«In molti modi il Talmud è il più importante libro della cultura ebraica, la spina dorsale della creatività e della vita nazionale. Nessun altro libro ha avuto un'influenza paragonabile sulla teoria e sulla pratica della vita ebraica, plasmando il contenuto spirituale e servendo da guida per la condotta» 41.
Adin Steinsaltz The Essential Talmud
Alla fine del 2010, una nuova edizione del Talmud è stata completata, e le comunità ebraiche di Palm Beach e delle contee di Broward, in Florida, hanno celebrato l'evento monumentale. In quel giorno, rabbi Michael Stern ha affermato: «Il Talmud è la linfa vitale delle persone. La maggior parte dell'ebraismo praticato ai nostri giorni non proviene dai cinque libri di Mosé. Lo troverete nel Talmud». Rabbi Alan Sherman ha aggiunto: «Non sono solo i rabbini che studiano il Talmud; tutti gli ebrei lo fanno, in un modo o nell'altro» 42.
Moses Hess (1812-1875), amico e collaboratore di Karl Marx (1818-1883) e di Friedrich Engels (1820-1895), (convertito da Hess al comunismo), affermò la stessa cosa 43. Il nonno di Hess - come d'altronde quello di Karl Marx - era un rabbino. Non solo egli sosteneva - come ogni talmudista - che la tradizione orale è molto più affidabile e sofisticata della Toràh scritta, ma che «è a questo sviluppo orale della legge che il giudaismo deve la sua esistenza nel corso di due millenni di esilio; e gli ebrei gli devono anche la loro futura rigenerazione nazionale» 44.
Lo studioso Kenneth Koltun-Fromm scrive che per Hess «l'identità ebraica è radicata in una rete complessa di obblighi nazionali e religiosi» 45. Hess credeva che questo impegno religioso fosse fondato su quel giudaismo rabbinico che era stato in lotta con i Logos fin dal I secolo. L'accademico israeliano Israel Shahak (1933-2001) ha scritto:
«Rivedendo la mie conoscenze acquisite in gioventù, mi apparve evidente quando iniziai a studiare le leggi talmudiche che regolano le relazioni tra ebrei e non-ebrei, che né il sionismo (incluso il suo aspetto apparentemente laico), né la politica israeliana fin dalla fondazione dello Stato d'Israele, e soprattutto nemmeno le politiche dei sostenitori ebrei d'Israele nella diaspora, avrebbero potuto essere comprese se non alla luce dell'influenza più profonda di queste leggi, e della visione del mondo che esse creano ed esprimono se prese in seria considerazione» 46.
Moses Hess K. Koltun-Fromm Israel Shahak
Lo storico Lloyd P. Gartner, dell'Università di Tel Aviv, esprime la stessa opinione nella sua opera History of the Jews in Modern Times («Storia degli ebrei nei tempi moderni»):
«Quasi tutti gli ebrei vissero all'interno del ricco ma ristretto mondo del giudaismo [...]. Come l'islam e il cristianesimo, l'ebraismo afferma di essere la verità [...]. Lo stile di vita dell'ebreo è esposto nelle Sacre Scritture e riassunto dai saggi rabbini in codici legali la cui fonte primaria è il Talmud e i suoi interpreti» 47.
Jacob Neusner pone il problema ancor più semplicemente dichiarando che «il Talmud è il prisma che riceve e rifrange ogni luce». Neusner afferma anche che la centralità del Talmud nel pensiero e nella cultura ebraica non si ferma lì, in quanto questo codice,
«forma il punto iniziale e il punto finale, l'alfa e l'omega della verità; giustificatevi ricorrendo al Talmud - letto correttamente e interpretato in maniera persuasiva - e avrete risolto il vostro problema; confutate una proposta rifacendovi ad un'asserzione del Talmud e demolirete ogni obiezione. Anche nella lettura stessa della Toràh scritta, l'esegesi del Talmud gode di una priorità di primo piano [...]. In tutte le decisioni legali che la teologia esprime nelle azioni quotidiane, il Talmud forma l'asserzione finale della Toràh, mediando le regole delle Scritture. Un'innovazione di qualsiasi genere, sia nel carattere della vita spirituale che nella pratica della fede in accordo con le sue norme, deve trovare la sua giustificazione nel Talmud» 48.
Similmente, Graetz afferma che «in definitiva, la vita spirituale degli ebrei dipende dal Talmud» 49. Durante il XIII secolo, quando le copie del Talmud vennero confiscate e bruciate, gli ebrei compresero che non potevano «esistere senza il Talmud come non si può esistere senza l'anima», e chiesero a Papa Innocenzo IV (1195-1254) il permesso di «poter conservare i loro scritti talmudici» 50. Neusner e Graetz non sono gli unici ad accreditare la centralità del Talmud nella coscienza del popolo ebraico in generale. Robert Goldenberg, professore di studi ebraici alla State University di New York, ci dice che,
«il Talmud offrì i mezzi per determinare come Dio voleva che vivessero tutti gli ebrei, in tutti i luoghi e per sempre. Anche se i dettagli della Legge dovevano essere alterati per potersi adattare alle nuove condizioni venutesi a creare, il modo corretto di compiere tale adeguamento poteva essere desunto dal Talmud e dai suoi commentari [...]. Il Talmud rivelò Dio che parla ad Israele, e così il Talmud divenne la via d'Israele per arrivare a Dio» 51.
Sopra, da sinistra: Papa Innocenzo IV e Robert Goldenberg
Isaac D'Israeli (1766-1848), il cui figlio Benjamin Disraeli (1804-1881) divenne primo ministro in Inghilterra, dichiarò: «Il Talmud [...] forma un sistema completo di cultura, di cerimonie civili e il diritto canonico degli ebrei, trattando infatti ogni soggetto» 52. D'Israeli disse anche che «il giudaismo è stato totalmente corrotto dai dittatori dell'intelletto umano, i rabbini» 53, per cui, molto probabilmente, sarebbe stato identificato come un antisemita se non fosse stato ebreo pure lui. A sua volta, rabbi Yehiel ben Joseph (XIII secolo d.C.) ci dice che,
«senza il Talmud non saremmo in grado di capire i passi della Bibbia [...]. Dio ha conferito questa autorità ai saggi, e la tradizione è una necessità così come lo sono le Scritture [...]. Se non si studia il Talmud non si possono comprendere le Sacre Scritture» 54.
Sopra: Isaac D'Israeli.
L'idea che il Talmud e la Toràh dovrebbero essere collegati la si deve interamente ai farisei. Essi insegnavano che gli ebrei avevano ricevuto due rivelazioni ispirate: le Legge scritta che Mosé aveva ricevuto in cima al Monte Sinai, e le tradizioni orali acquisite dai settanta saggi che si recarono ai piedi della montagna, ma ai quali fu impedito di procedere ulteriormente 55. Secondo la tradizione rabbinica, Dio diede a Mosé la Legge scritta con i «commentari», e Mosé «consegnò i "commentari" ad Aronne e ai suoi figli, e i savi d'Israele, di bocca in bocca, trasmisero la tradizione orale fino ai Profeti, che a loro volta la trasmisero agli uomini della Grande Sinagoga» 56. Così, quando gli ebrei fanno riferimento alla Toràh, il più delle volte essi intendono il Talmud piuttosto che l'Antico Testamento. Scrive Neusner:
«La Toràh è rappresentata da massime che non sono presenti nelle Sacre Scritture, ma che sono state esposte da saggi la cui paternità non è accreditata dai libri sacri. Ciò che è implicito, dunque, è che la componente orale dell'istruzione del Sinai, accanto alla parte scritta, forma lo strumento con cui Dio si è rivelato alla comunità israelitica» 57.
Sopra: Mosé riceve le Tavole della Legge sul Monte Sinai.
(Finché non sono state trovate basi storiche o archeologiche a supporto di queste idee, esistevano diverse speculazioni. Il giudaismo ebbe il suo grande inizio senza un testo scritto ai tempi di Alessandro Magno, quando gli ebrei cominciarono a definire sé stessi mediante un nuovo stile di vita, un periodo che è stato chiamato «giudaismo» 58).
Avendo stabilito questo concetto, i farisei iniziarono ad insegnare che le tradizioni orali dei saggi erano molto più affidabili, più vaste e più accurate della Legge di Mosé; si trattava di una rivelazione che non era mai stata messa per iscritto, che era sconosciuta ai tempi di Mosé, ma in qualche modo precedente alla Legge scritta. Grayzel dichiara che questo punto di vista è corretto 59. Rabbi Samuel ben Nahman (III secolo d.C.), che fu uno dei leader dell'Amora'im del giudaismo, scrisse:
«La legge orale è state proclamata e la legge scritta pure, e non sapremmo dire quale delle due sia la più preziosa. Ma da quando è stato scritto: "In conformità con queste parole ho fatto un'alleanza con te e con Israele", possiamo dedurre che i precetti orali sono più preziosi» 60.
Giovani ebrei ortodossi studiano il Talmud.
Immanuel Jakobovits (1921-1999), ex rabbino-capo del Regno Unito, ha confermato questa idea:
«Il vero carattere dell'ebraismo non può essere apprezzato se non mediante un'intima conoscenza della legge orale [...]. Ciò che fa di noi e della nostra fede un qualcosa di distinto e di unico è la tradizione orale, la quale è la chiave autentica per una comprensione corretta di quel testo scritto che noi chiamiamo "Toràh"» 61.
Johan Andreas Eisenmenger (1654-1704) citava un rabbino che diceva: «Non pensate che la Legge scritta sia il fondamento o la base; al contrario, è la legge orale il fondamento; è su questa Legge che l'Alleanza è stata fatta» 62.
Immanuel Jakobovits J. A. Eisenmenger
Cionondimeno, quando vengono sfidati a fornire una prova concreta a supporto della supremazia della Toràh orale, i rabbini ricorrono all'idea che giacché per molto tempo la Toràh orale non è stata messa per iscritto, non si possono ricavare certezze dalle Sacre Scritture e dall'archeologia, un ragionamento estremamente vizioso e un'impresa equivoca che possono avere senso unicamente nelle menti dei rabbini. Gli altri rabbini risponderebbero che «la legge orale non è giunta a noi per iscritto perché le sue dimensioni superano quelle del mondo intero» 63. Quando Gesù venne sulla terra a portare a compimento tutte le profezie messianiche contenute nell'Antico Testamento, i farisei e i sadducei divennero i suoi più grandi oppositori.
Essi accusarono Gesù e i suoi discepoli di trasgredire e violare la tradizione degli «antichi», e Gesù, a sua volta, chiese loro: «Perché voi trasgredite il comandamento di Dio in nome della vostra tradizione»? (Mt 15, 2-3). Gesù disse ai farisei che essi avevano «annullato così la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte» (Mc 7, 13), e dichiarò: «Siete veramente abili nell'eludere il comandamento di Dio, per osservare la vostra tradizione» (Mc 7, 9). Gesù avvertì anche i suoi discepoli dicendo loro: «Fate bene attenzione e guardatevi dal lievito dei farisei e dei sadducei [...]. Allora essi compresero che egli non aveva detto che si guardassero dal lievito del pane, ma dalla dottrina dei farisei e dei sadducei» (Mt 16, 6, 12).
Più tardi, Gesù spiegò loro che il «lievito» rappresentava la dottrina dei farisei. In poche parole, rispettando le «tradizioni degli antichi» o la Toràh orale, i farisei rifiutavano i Comandamenti di Dio. Gesù avvertì i farisei che, formulando, affinando e promuovendo le loro tradizioni, essi stavano rifiutando tutto ciò che i loro antenati avevano insegnato: «Se credeste infatti a Mosè, credereste anche a me; perché di me egli ha scritto. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole»? (Gv 5, 46-47). Creando la loro teologia e rifiutando di credere che Gesù fosse il Messia, i farisei voltarono le spalle a Dio.
Nostro Signore Gesù Cristo rimprovera gli scribi e i farisei per la loro ipocrisia.
Gesù li rimproverò bruscamente dicendo loro: «Voi che avete per padre il diavolo, e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli è stato omicida fin da principio e non ha perseverato nella verità, perché non vi è verità in lui. Quando dice il falso, parla del suo, perché è menzognero e padre della menzogna» (Gv 8, 44). Durante il suo ministero, Gesù dimostrò più volte che i farisei erano i leader più pericolosi che gli israeliti avessero mai avuto giacché le loro tradizioni e le loro interpretazioni teologiche avevano implicazioni più dannose di quanto essi avrebbero mai potuto immaginare. Come dice la Jewish Encyclopedia, «il fariseismo plasmò il carattere del giudaismo, la vita e il pensiero dell'ebreo per tutto il futuro» 64. Gli ebrei devono la loro eredità nazionale alla teologia di quei farisei che hanno rifiutato Gesù come Messia.
La cosa più importante da capire sulla tradizione orale dei farisei è che questa tradizione era unicamente orale. Non esisteva una sola raccolta scritta definitiva che i farisei avrebbero potuto utilizzare come testo per interpretare la Toràh scritta. Tuttavia, tutto cambiò alcuni secoli dopo la distruzione del Tempio nell'anno 70 d.C. Scrive Graetz:
«Il contenuto della tradizione, che era stato grandemente aumentato, arricchito e purificato da una lunga serie di generazioni e da diverse scuole, d'ora innanzi sarebbe stato catalogato. Questa tendenza alla stesura per iscritto fu rappresentata da Ashi» 65.
Il saggio ebreo Rabbana Ashi (352-427 d.C.) fu il primo ad iniziare la raccolta e la trascrizione delle tradizioni orali, e in primo luogo della Mishnàh, la prima parte del Talmud. Graetz afferma che il suo contributo al giudaismo rabbinico fu immenso:
«Ashi fu in grado di intraprendere un'opera le cui conseguenze furono incalcolabili, sia per il destino che per lo sviluppo del popolo ebraico. Egli assunse su di sé il compito gigantesco di raccogliere e sistemare i chiarimenti, le deduzioni e le amplificazioni della Mishnà, un compendio che venne chiamato "Talmud". Il motivo immediato che suggerì questa impresa fu indubbiamente la considerazione che l'immenso accumulo di materiale, che era il risultato del lavoro di tre generazioni, non avrebbe dovuto svanire dalla memoria per mancanza di interesse» 66.
Sopra: i grossi volumi della Mishnàh.
Si trattò di un compito laborioso, ma che «segnò una delle più importanti epoche nella storia ebraica. A partire da quel momento, il Talmud babilonese divenne un elemento attivo, potente e influente» 67. Grayzel crede che fu solamente dopo che fu scritto il Talmud che gli ebrei divennero «il popolo del libro» 68.
In generale, la Mishnà presume che l'intera Toràh, inclusi i precetti della Legge come non appaiano immediatamente nel Pentateuco, sia composta da antiche tradizioni, ricevute da Mosé sul Sinai, il quale le trasmise a Giosuè, che a sua volta le trasmise ai saggi, che a loro volta le trasmisero ai Profeti, che finalmente le consegnarono ai membri della grande assemblea. Tutte queste leggi che non sono presenti nel Pentateuco vengono designate nella Mishnà con la definizione «detti di coloro che imparano le Scritture [...]. Nella Mishnà accade ripetutamente che si ha un'equivalenza di tutti i comandi e di tutti i doveri religiosi» 69.
In breve, per gli ebrei ortodossi e per gli ebrei presi collettivamente, il Talmud è ciò che per i cristiani è Cristo. Grayzel nota che «gli ebrei considerano il Talmud come la Bibbia in azione, come l'applicazione alla vita quotidiana dei principî della Bibbia», e che è servito «come elemento di unificazione degli ebrei. Esso prescrive i fondamenti della loro vita, e li ha aiutati ad unirsi sia nell'azione che nel pensiero» 70. Nel processo del tempo, esso divenne la base della «vita ebraica in ogni parte della Diaspora, e giocò un ruolo molto importante della conservazione del popolo ebraico» 71, anche se ci furono alcune eccezioni a questa regola:
«Dopo la distruzione del Tempio, le fazioni politiche opposte fra gli ebrei divennero scuole critiche. La scuola di Shammai, dopo aver sposato in primo tempo la causa degli zeloti, in seguito ritornò al rigorismo nell'esegesi scritturale. La scuola di Hillel divenne la fazione che sosteneva la pace con i romani. Dopo che la religione ebraica fu ridefinita come la "religione del libro", o della competente interpretazione del libro; queste due scuole definirono le scelte delle generazioni ebraiche del futuro. Ci sarebbero stati ebrei attratti dall'assimilazione, secondo il modello di Jochanan e di Hillel, e ci sarebbero stati ebrei attratti dal messianismo politico, secondo il modello di Eleazar lo zelota e della scuola di Shammai. La vita ebraica oscillò tra questi poli per due millenni, e le diverse opzioni si manifestarono in vari modi: Roy Cohn che chiede la condanna a morte per i Rosenberg durante la guerra fredda; o al contrario, la scomunica di Spinoza da parte del rabbino Menasseh ben Israel della sinagoga di Amsterdam. Gli ebrei potrebbero emulare da una parte Moses Mendelssohn e dall'altra Theodor Herzl; essi potrebbero calcare le orme di David Brooks o di Noam Chomsky» 72.
Ancora una volta siamo costretti ad ammettere che il problema è molto complicato, ma anche che può essere pienamente compreso attraverso la sua origine: la teologia. Non può certamente essere ricondotto ad una questione genetica o più precisamente di «razza» visto che Cristo stesso era un semita. Fu Gesù che disse alla samaritana che «la salvezza viene dai giudei» (Gv 4, 22). Più tardi, San Paolo parlò degli israeliti dicendo che «da essi proviene Cristo secondo la carne» (Rm 9, 5). Dunque, il problema centrale proviene dalla teologia e non dalla biologia.
Come abbiamo visto, la biologia è stata preparata e manipolata grossolanamente ed erroneamente da numerosi scrittori «scientisti» per mettere in campo una visione del mondo filosoficamente ed intellettualmente disgustosa, e la convinzione secondo cui il comportamento ebraico sarebbe di natura genetica. Molti di questi cosiddetti «scienziati» non sono realmente interessati alla verità. Finché essi possono preservare la loro adorata ideologia, e nella misura i cui alcune ricerche sembra confermare le loro tesi, essi preferiranno abbracciare le loro idee senza un serio esame. Inoltre, molti di questi «scienziati» pongono un presupposto ideologico fondante - il comportamento ebraico sarebbe di origine genetica - e solo dopo vanno a cercare le prove a sostegno delle loro affermazioni.
Dove sta l'evidenza? Talvolta, essi si mettono in ridicolo senza argomentare seriamente o mostrando di ignorare totalmente il soggetto. Ad esempio, Kate Yandell, scrivendo per la rivista The Scientist, ha affermato che «l'eredità ebraica è scritta nel DNA» 73. Naturalmente, tutto ciò suona come una trovata pubblicitaria. Giocare con la biologia per provare che un comportamento è genetico equivale ad usare la datazione con il Carbonio 14 per provare che la terra è vecchia o giovane (una tecnica fraudolenta).
Fondamentalmente, il problema-chiave sta in chi conduce le ricerche. Ad esempio, il docente di Medicina e Sociologia Nicholas A. Christakis, della Yale University (precedentemente ad Harvard) e il docente di Genetica Medica e Scienza Politica James H. Fowler, della California University, hanno realizzato uno studio, pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, secondo cui noi condividiamo parte del DNA con i nostri amici più cari che è comparabile con i geni che condividiamo con i nostri cugini di quarto grado 74. Amici che non sono biologicamente parenti possono essere geneticamente simili l'uno all'altro? Se questo risultasse essere vero, certamente bisognerebbe mettere in dubbio una teoria così diffusa come quella sul comportamento ebraico. Fowler ha dichiarato:
«Studiando tutto il genoma umano troviamo che, in media, siamo geneticamente simili ai nostri amici. Abbiamo più DNA in comune con le persone scegliamo come amici che con un estraneo facente parte della stessa popolazione» 75.
Sopra, da sinistra: Nicholas A. Christakis e James H. Fowler.
Infatti, Christakis e Fowler suggeriscono che la loro teoria è collegata alla «selezione tra parenti», un'interpretazione darwinista che ha a che fare con la «sopravvivenza» e con una spiegazione evoluzionista 76. Christakis ha affermato che lui e Fowler hanno voluto «conferire un profonda importanza evolutiva alle origini e al significato dell'amicizia».
In questo caso, il punto cruciale è che non si dovrebbero mai costruire tutte le proprie premesse su di una scienza debole come questa, poiché usare la biologia per provare un comportamento non è come usare la matematica per provare una teoria in cui l'evidenza è dimostrata e difesa su di un terreno intellettualmente logico. Come abbiamo già mostrato in altri scritti, i dati possono essere manipolati per andare d'accordo con la propria visione ideologica. Infatti, anche alcuni fisici possono deliberatamente - sì, deliberatamente! - distorcere ciò che altri hanno detto in modo da poter conservare le proprie convinzioni filosofiche.
Tornando al XIII secolo, fu Nicholas Donin (un ebreo convertito al cattolicesimo) che mise al corrente Papa Gregorio IX (1170-1241) delle nefandezze metafisiche e teologiche contenute nel Talmud 77. A farla breve, la teologia è il terreno dove il conflitto inizia e finisce. La parte triste è che molte persone che cercano di capire l'origine di tale questione liquidano rapidamente la teologia e asseriscono assiomaticamente che il problema è prima di tutto genetico o «razziale». Se il regime sionista d'Israele dichiarasse che il problema è razziale, il teorico genetico sarebbe subito d'accordo.
Sopra, a sinistra: Nicholas Donin disputa con alcuni ebrei; a destra: Papa Gregorio IX.
E tuttavia è un fatto acclarato che lo stesso regime non accetta come tali gli ebrei che si sono convertiti al cristianesimo! In un altro articolo, abbiamo già citato il caso di Shmuel Oswald Rufeisen (1922-1998), noto come «Frate Daniel». Nato in una famiglia ebraica in Polonia, quando era un adolescente Rufeisen era un ardente sionista e lottò contro l'occupazione nazista. Un gruppo di suore lo salvò dall'essere consegnato ai tedeschi per tradimento, un fatto che lo portò a convertirsi al cristianesimo. Infine, nel 1958 Rufeisen decise di stabilirsi in Israele, ma lo Stato non gli concesse la cittadinanza israeliana perché nel frattempo era divenuto cristiano 78.
Come può uno Stato dichiarare che il problema è di natura genetica quando a Rufeisen - che in gioventù era stato più sionista di Benjamin Netanyahu - è stata negata cittadinanza? E come possono gli stessi movimenti anti-sionisti abbracciare questo sproloquio? Il problema è piuttosto chiaro: il sionismo non può sopravvivere senza le sue metafisiche talmudiche, che sono razziste e antisemite. Esso è antisemita perché nega agli ebrei che si sono convertiti al cristianesimo i loro diritti fondamentali.
Sopra: a destra il giovane Shmuel Oswald Rufeisen, sionista convinto;
a destra, la stessa persona divenuto Frate Daniel, un religioso carmelitano.
Ed e razzista perché eleva gli ebrei talmudici al di sopra di tutti gli altri esseri umani. Come scrisse la Civiltà Cattolica (la rivista dei gesuiti; N.d.T.), il sionismo riduce il mondo dei goyim, e in particolare quello dei cristiani, «ad una nullità morale che contraddice i principî fondamentali della legge naturale». Se pensate che la Civiltà Cattolica abbia esagerato, ascoltate cos'ha detto nel 2010 rabbi Ovadia Yossef (1920-2013), leader degli ebrei sefarditi e del movimento sionista Shas:
«I goyim sono nati unicamente per servirci. Senza questa funzione, essi non hanno alcun motivo di esistere; solamente servire il popolo d'Israele. Perché abbiamo bisogno dei gentili? Essi lavoreranno, areranno e mieteranno. Noi siederemo come un effendi e mangeremo. Con i gentili, sarà come con ogni altra persona. Essi devono morire, ma Dio darà loro una lunga vita. Perché? Immaginate se l'asino di una persona morisse, questi perderebbe i suoi soldi [...]. Questo è il suo servo [...]. Ecco perché il goy deve vivere una lunga vita, per lavorare bene per quell'ebreo» 79.
Sopra rabbi Ovadia Yossef, leader degli ebrei sefarditi.
«La Comunità Ebraica di Roma piange la morte di Rav Ovadia Yossef e si unisce al lutto della famiglia. Rav Ovadia Yossef è stato il pilastro del mondo ebraico sefardita al quale ha ridato dignità, forza religiosa e forza politica. Gli insegnamenti di Rav Ovadia sono un riferimento imprescindibile per qualsiasi decisione di halachà (legge) attuale. Il figlio, che è stato da poco nominato nuovo Capo Rabbino d’Israele, ha raccolto in molti volumi l’insegnamento paterno: è la tradizione che cresce e si trasmette. Il mondo ebraico perde una grande guida, ma il suo insegnamento rimane e lascia il segno».
- Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma 80.
Nel 2001, lo stesso rabbino ha affermato che gli arabi sono «vipere» e che devono essere cancellati dalle pagine della Storia: «É proibito usare misericordia verso di loro. Dovete lanciare dei missili e annichilirli. Essi sono malvagi ed esecrabili». Secondo voi questo atteggiamento razzista e diabolico è dovuto al DNA del rabbino? O piuttosto proviene dalle metafisiche talmudiche? Se credete che questo odio farneticante sia radicato nel DNA di una persona, allora state abbracciando, indirettamente e sottilmente, la definizione classica di ciò che la Chiesa cattolica ha definito e condannato come «antisemitismo».
Questa forma di antisemitismo non si può spiegare in persone rispettabili come Fratel Nathanael Kapner, Gilad Atzmon, Israel Shamir, Mortimer Adler, e molti ebrei divenuti cristiani del primo, del secondo e del terzo secolo che si sarebbero liberati del loro sedicente «cattivo» DNA. Ciò che è anche peggio è che certi teorici della genetica stanno implicitamente usando gli stessi argomenti inutili con i farisei tentarono di contraddire Gesù, e che Egli confutò. Dovremmo quindi prendere sul serio questi teorici della genetica? La risposta è no.
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- L'anticristianesimo talmudico - Nota sull'antisemitismo
Note
1 Traduzione dell'originale inglese Brief History of Talmud and Jewish People, a cura di Paolo Baroni. Scritto reperibile alla pagina web
http://www.veteranstoday.com/2014/09/19/a-brief-history-of-the-talmud-and-the-jewish-people/
2 Vedi R. C. Musaph-Andriesse, From Torah to Kabbalah: A Basic Introduction to the Writings of Judaism («Dalla Toràh alla Kabbalah: un introduzione di base agli scritti dell'ebraismo»), Oxford University Press, New York 1982, pag. 40.
3 Alcune persone confondono il Talmud con la Toràh, un errore enorme, ma elementare.
4 Cfr. H. Graetz, History of the Jews («Storia degli ebrei»), Jewish Publications Society of America, Philadelphia 1891, vol. II, pag. 473.
5 Cfr. L. Poliakov, The History of Anti-Semitism: From the Times of Christ to the Court Jews («La storia dell'antisemitismo: dai tempi di Cristo al tribunale degli ebrei»), University of Pennsylvania Press, Philadelphia 1955, vol. I, pag. 253.
6 Vedi, ad esempio, P. Schaeffer, Jesus in the Talmud («Gesù nel Talmud»), Princeton University Press, Princeton 2007.
7 Cfr. H. Graetz, op. cit, vol. V-VI, pag. 121.
8 Ibid., vol. V, pagg. 24-25.
9 Ibid., vol. IV, pag. 12.
10 Ibid., vol. V, pag. 142.
11 Ibid., vol. IV, pag. 13.
12 Ibid.
13 Ibid., vol. IV, pag. 15.
14 Ibid.
15 Ibid., vol. IV, pag. 17.
16 Cfr. D. Bridger, New Jewish Encyclopedia, Behrman Publishers, West Orange 1976, pag. 453.
17 Cfr. N. F. Cantor, The Sacred Chain: History of the Jews («La sacra catena: storia degli ebrei»), Harper Perennial, New York 1994, pag. 112.
18 Cfr. J. Neusner, Rabbinic Judaism: Structure and System («Il giudaismo rabbinico: struttura e sistema»), Augsburg Fortress, Minneapolis 1995, pag. 205.
19 Cfr. J. Neusner, A History of the Jews in Babylonia («Una storia degli ebrei a Babilonia»), Brill, Leiden 1970, vol. V, pag. 24.
20 Cfr. J. Neusner, Jews and Christians: The Myth of a Common Tradition, Oxford University Press, New York 2001, pag. xi.
21 Cfr. S. Grayzel, A History of the Jews («Una storia degli ebrei»), Jewish Publications Society of America, Philadelphia 1947, pag. 37.
22 Ibid.
23 Ibid., pag. 38.
24 Ibid., pagg. 76-78.
25 Ibid., pag. 78.
26 Cfr. T. W. Pike, Israel: Our Duty, Our Dilemma («Israele: il nostro dovere, il nostro dilemma»), pag. 20.
27 Ibid., pag. 15.
28 Cfr. S. Grayzel, op. cit., pagg. 79-83, 85-88.
29 Ibid., pag. 112.
30 Ibid., pag. 195.
31 Cfr. R. Strauss Feuerlicht, The Fate of the Jews («Il destino degli ebrei»), Times Books, New York 1983, pag. 31.
32 Cfr. S. Grayzel, op. cit., pag. 195.
33 Cfr. H. H. Milman, History of the Jews («Storia degli ebrei»), Hyperion Books, New York 1986, vol. III, pag. 39.
34 Ibid., vol. III, pag. 428.
35 Ibid., vol. III, pagg. 428-429.
36 Cfr. H. Graetz, op. cit, vol. II, pagg. 18-20.
37 Cfr. S. Grayzel, op. cit., pag. 185.
38 Cfr. R. Goldenberg, Talmud, Back to the Sources («Talmud, ritorno alle fonti»), Barry W. Holtz, pag. 130.
39 Cfr. The Universal Jewish Encyclopedia, Isaac Landman, vol. VIII, pag. 474.
40 Cfr. L. Finkelstein, «The Pharisees: The Sociological Background of their Faith» («I farisei: l'entroterra sociologico della loro fede»);
http://www.come-and-hear.com/talmud/finkelstein.html#xxi.
41 Cfr. A. Steinsaltz, The Essential Talmud, 1976, pag. 3.
42 Cfr. J. Davis, «Jewish Communities in South Florida Celebrate New Edition of the Talmud» («Le comunità ebraiche del Sud della Florida celebrano la nuova edizione del Talmud»), in Palm Beach Post, del 5 novembre 2010.
43 Cfr. M. Hess, Rome and Jerusalem: A Study in Jewish Nationalism («Roma e Gerusalemme: uno studio sul nazionalismo ebraico»), Bloch Publishing, New York 1918, pag. 98.
44 Ibid., pag. 104.
45 Cfr. K. Koltun-Fromm, Moses Hess and Modern Jewish Identity («Moses Hess e l'identità moderna ebraica»), Indiana University Press, Bloomington 2001, pag. 2.
46 Cfr. I. Shahak, Jewish History, Jewish Religion («Storia ebraica, religione ebraica»), Pluto Press, Londra 1994, pag. 2.
47 Cfr. L. P. Gartner, History of the Jews in Modern Times, Oxford University Press, New York 2001, pag. 2.
48 Cfr. J. Neusner, Rabbinic Judaism: Structure and System, pag. 2.
49 Cfr. H. Graetz, op. cit, vol. III, pag. 575.
50 Ibid., vol. III, pag. 579.
51 Cfr. M. Hoffman, Judaism Discovered («L'ebraismo scoperto»), Independent History and Research, Coeur d'Alene 2008, pag. 141.
52 Ibid., pag. 191.
53 Ibid., pag. 195.
54 Ibid., pag. 344.
55 Per una comprensione di base, vedi J. Neusner, The Talmud: Law, Theology, Narrative and Judaism when Christianity Began («Il Talmud: legge, teologia, narrativa e giudaismo agli inizi del cristianesimo»), pagg. 6-9.
56 Cfr. J. A. Eisenmenger, The Traditions of the Jews («Le tradizioni degli ebrei»), pag. 100.
57 Cfr. J. Neusner, The Talmud: Law, Theology, Narrative and Judaism when Christianity Began, pag. xiv.
58 Vedi O. Skarsaune, In the Shadow of the Temple («All'ombra del Tempio»), pagg. 39-40.
59 Cfr. S. Grayzel, op. cit., pag. 241.
60 Cfr. M. Hoffman, op. cit., pag. 183.
61 Cfr. M. L.. Brown, What Do Jewish People Think about Jesus? («Cosa pensa il popolo ebraico di Gesù»?), pag. 32.
62 Cfr. J. A. Eisenmenger, op. cit., pag. 166.
63 Ibid.
64 Cfr. I. Singer, The Jewish Encyclopedia, vol. IX, pagg. 665-666.
65 Cfr. H. Graetz, op. cit, vol. II, pag. 605.
66 Ibid., vol. II, pag. 607.
67 Ibid., vol. II, pag. 609.
68 Cfr. S. Grayzel, op. cit., pag. 209.
69 Cfr. H. Graetz, op. cit, vol. II, pagg. 471-472.
70 Cfr. S. Grayzel, op. cit., pagg. 239, 241.
71 Ibid., pag. 259.
72 Cfr. E. M. Jones, Jewish Revolutionary Spirit («Lo spirito rivoluzionario ebraico»), pag. 47.
73 Cfr. K. Yandell, «Jewish Heritage Written in DNA» («L'eredità ebraica è scritta nel DNA»), in The Scientist, del 9 settembre 2014.
74 Cfr. N. A. Christakis-J. H. Fowler, «Friendship and Natural Selection» («Amicizia e selezione naturale»), in PNAS, del 14 luglio 2014.
75 Cfr. S. Connor, «DNA Tests Prove Your Close Friends Are Probably Distant Relatives» («Test sul DNA provano che i vostri amici più cari sono relativamente distanti»), in The Independent, del 14 luglio 2014; «Study Finds Friends Are Genetically Similar» (Uno studio scopre che gli amici sono geneticamente simili»), in Medical News Today, del 15 luglio 2014.
76 Cfr. Study Finds Friends Are Genetically Similar», in Medical News Today, del 15 luglio 2014.
77 Cfr. E. M. Jones, op. cit., cap. III.
78 Per conoscere la storia completa, vedi N. Tec, In the Lion's Den: The Life of Oswald Rufeisen («Nella tana del leone: la vita di Oswald Rufeisen»), Oxford University Press, New York 1990.
79 Cfr. M. Oster, «Sephardi leader Yosef: Non-Jews Exist to Serve Jews» («Il capo sefardita Yosef: i non-ebrei esistono per servire gli ebrei»), in Jewish Telegraphic Agency, del 18 ottobre 2010.
80 http://www.romaebraica.it/il-rabbino-capo-sulla-morte-di-rav-ovadia-yossef-e-stato-un-pilastro-dellebraismo-sefardita/